domenica 25 settembre 2011




sabato 4 giugno 2011

Il voto delle donne fatale per Berlusca

Io ho una sensazione. Non ho dati o percentuali o sondaggi e credo che non esista una statistica che scorpori il voto femminile. Ma qualcosa mi dice che la sconfitta di Berlusconi sia opera principalmente delle donne.

Gli scandali sessuali, la nauseante discesa agli inferi dei festini Bunga Bunga, la volgarità delle ultime barzellette (non che quelle di prima fossero brillanti, ma le ultime erano proprio deprimenti), l’ossessione maniacale per certi temi pecorecci, l’umiliazione costante del mondo femminile e questo ghigno di superiorità di don Giovanni dell’Olgettina, non so perché, ma mi dà l’idea che abbiano contato più di quello che si pensa.

Perché la crisi c’era anche prima e la gente continuava a votarlo. Perché la disoccupazione, il precariato, le leggi ad personam, il delirio di onnipotenza, i suoi processi, l’occupazione delle televisioni, le figure barbine internazionali, tutto c’era anche prima, eppure B. continuava a vincere.

Se finalmente qualcosa si è rotto nel perverso meccanismo del consenso popolare populista che ha sorretto B. e il suo mondo per un ventennio, secondo me bisogna ringraziare le donne d’Italia. Andrebbe studiato, il voto femminile, e ci direbbe tante cose. Per esempio, che l’inizio della fine per il signor B. è stato il 13 febbraio, quando le donne hanno portato in piazza un milione di persone indignate.

Allora si era detto “Se non ora quando?”.
Allora si è capito che l’indignazione è un sentimento nobile, non riconducibile sotto una bandiera di partito, e poco strumentalizzabile.
Allora tante donne hanno capito che il momento era arrivato: “ora o mai più”.

lunedì 14 febbraio 2011

La dignità difesa dalle donne d'Italia



Libertè, egalitè, fraternitè
disse il nano "cosa c'è?
non diranno mica a me?
non si offende così il re!

ma beviamoci un caffè
qui su questo canapè
sono quattro coccodè
io rimango saldo in piè!"

caro Silvio bada a te
non si sgonfia sto sufflè
rimarrai ben presto appiè,
griderai "tapino oimè"

rimanendo solo in tre
Bondi te e la Sanchè.

Sandrino Bonomi




Alfonsina Martinet

“C’era un paese che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere.

Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (…) e questi mezzi si potevano avere solo ille...citamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti.

Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere, già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.

Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune;

(…) Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti”. (I. Calvino)



La rissa di La Russa

13 febbraio 2011

Ecco La russa col doppiopetto indosso
mentre Ferrara con la grassa carcassa
chiama a sommossa per la fede percossa
con dire smargiasso e per niente ortodosso.

La russa , lui che ama i pellerossa
la domanda non ha ammessa e giocando di rimessa
sull'affaire della bagassa l'opinione non ha espressa.
sui probemi presto glissa e poi esce dalla fossa.

Da sempre fascista i toni non smussa
Pestoni denuncia a causa di ressa
s'indigna e fà 'l grosso con chi il callo gli pressa
ma'l vero motivo che lo fracassa
è 'l povero Silvio così crocifisso
e se giornalista lo bissa e lo squassa
lui non ribassa e la butta in rissa.

Sandrino Bonomi








Oltre 230 città unite per urlare 'basta'
Partecipazione oltre ogni attesa in tutto il paese. Tanti giovani, e tanti uomini. Tra sciarpe bianche e nessun simbolo politico. Roma, Milano, Napoli, Trieste, Bologna, Catania, Arcore. Centomila a Torino, 10mila a Palermo. E tra gli interventi dal palco un duro appello per la dignità di suor Eugenia Bonetti
di KATIA RICCARDI

ROMA - Oltre 230 città sono scese in piazza oggi alla stessa ora, per lo stesso motivo e con lo stesso scopo. Difendere la dignità, non solo delle donne, ma del Paese a cui appartengono. Con le loro famiglie, i loro mariti e i loro figli. E che non si sentono più rappresentate dai festini ad Arcore. Che sia sesso, che sia bunga bunga, che siano solo corpi in vendita senza scontrino e senza sconti. Che sia tutto quello che ormai troppo spesso viene definito solo un passatempo antistress. Ma che invece sta stressando chi non partecipa per scelta alla festa di un governo che, oggi, ha avuto gli occhi puntati 1 di tutto il mondo (MAPPA 2). Oltre ogni previsione. Oltre le rappresentanze politiche. Fare un bilancio e rendere l'idea di quello che è accaduto oggi 3 in Italia è ancora difficile. Continuano ad arrivare messaggi, migliaia, sul nostro sito, su quello dell'organizzazione del comitato Se non ora quando. Foto, messaggi, video. A unire i fili saranno i risultati. Quelli che il tempo metterà in fila così come oggi si sono messe in fila le donne di ogni città, piccolo comune, e provincia italiana.



Dalla piazza del Popolo di Roma 5 agli ombrelli di Torino ("Per ripararci dal fango"), da Milano ad Andria dove "tutte e tutti coloro che vogliono partecipare portino con sé un fiore da offrire alla dignità di questo paese calpestata più volte". Da Avezzano a Napoli, dove gli organizzatori hanno contato 100mila presenze. E sessantamila sono state le presenze contate a Milano, 50mila quelle di Torino, a Palermo 10mila in corteo, e migliaia anche a Messina, Trieste, Bologna, Catania, Cosenza, Pesaro, Bari, Pescara.

Fino al resto del mondo.
Donne in piazza anche a Londra, Barcellona, Parigi, Malmoe, Praga, Atene, Bruxelles, Grenoble, e in Nepal, Honolulu, Boston, Washington.
Un milione di donne da tutto il mondo.
E' stato un segno evidente che non c'è più da scherzare, che non c'è nulla sminuire, da giustificare e far passare in silenzio. Le piazze delle donne sono state oggi 234 in Italia: piazze "per il rispetto e per la dignità", parole dimenticate ad Arcore e dintorni, e intorno alle quali - denunciano le organizzatrici del comitato "Se non ora, quando?" - ancora si tenta di agitare polemiche pretestuose.





Le voci che hanno provato a liquidare le manifestazioni sono state deboli come quelle del ministro Maria Stella Gelmini che ha definito tutto come "radical chic", una protesta portata avanti da "poche donne". O quelle del sottosegretario Daniela Santanché che ha detto: "Questa è solo una dimostrazione di odio verso un solo uomo, e loro sono donne manovrate dagli uomini di sinistra.
Che fanno pena. Altro che dignità".
Ma i numeri, le parole e le immagini le hanno smentite clamorosamente.

A piazza San Carlo a Torino 6, le persone erano tante. Più del previsto. "Siamo partiti in 50 mila, ora siamo diventati 100 mila", hanno detto alcuni degli organizzatori. Quando la testa del corteo ha raggiunto piazza Vittorio Veneto, infatti, a centinaia di metri di distanza in piazza San Carlo hanno continuato a radunarsi migliaia di persone. In coda c'erano le "donne autodeterminate" che venerdì scorso hanno fatto irruzione nella sede regionale del Pdl.
A Milano 60mila persone 7 hanno ballato sulle note 'Voglio uno scandalo' di Gianna Nannini. E su invito della presentatrice Teresa Mannino, tutti hanno sventolato le sciarpe bianche simbolo della manifestazione di Milano.

A Napoli dal palco 8 è stato letto anche un messaggio della leader della Cgil, Susanna Camusso, che ha parlato della manifestazione dicendo "queste sono le donne vere". In piazza, in forma privata, anche il sindaco Rosa Russo Iervolino e diversi assessori della sua giunta, e poi Teresa Armato, Valeria Valente, Angela Cortese. E soprattutto le 'Mamme vulcaniche' che hanno lottato contro la discarica a Terzigno.

A Roma, piazza del Popolo era irraggiungibile. Bloccata poco dopo le 14, orario previsto per l'inizio della manifestazione, dalle migliaia di persone arrivate a partecipare.
E a ballare con la voce di Patty Smith.
Ascoltando le donne che sul palco sono salite per parlare tre minuti a testa. Commoventi, prese da una forza di ribellione troppo a lungo sopita. Applauditissimo è stato soprattutto l'intervento di Suor Eugenia Bonetti, missionaria delle Consolate, in Africa per 24 anni e a Torino da qualche tempo nel centro Caritas. "Voglio dare voce a chi non ha voce - ha detto tra gli applausi della piazza intera - alle nuove schiave che vengono nel nostro Paese pensando di trovare un futuro migliore.
E' per loro e per tutte noi che faccio appello perché sia riconosciuta la dignità della donna. Di queste schiave siamo sorelle e madri per noi e per loro dobbiamo dire basta a questo indegno mercato del mondo femminile, a quei diretti umani fondamentali che sono negati".

Perché la voce delle donne è sempre in pericolo.
"Solo che non c'eravamo rese conto di stare male anche qui. C'è voluta Ruby per farci aprire gli occhi", ha detto una signora come migliaia, confusa tra migliaia in una piazza tra le centinaia di oggi. Suor Eugenia Bonetti ha fatto diretto riferimento al Rubygate: "Sono notizie che ci sgomentano che ci portano a pensare che siamo lontani in Italia dal considerare la donna per ciò che è. E non ci rendiamo conto che la prostituzione del corpo delle donne è diventata una parte integrante del nostro vivere quotidianamente.
Non possiamo restare indifferenti a questa mentalità, ne siamo tutti responsabili e bisogna da oggi fare ciascuno la propria parte". Così le voci delle donne, oggi, si sono unite. Ad Arcore l'appuntamento era in largo Carlo Arenti, alle 15,30, per un presidio durato circa 2 ore.
Molte donne, ma anche uomini e bambini (video) 9. La manifestazione si sarebbe dovuta tenere in largo Vela, presso Villa Borromeo, ma per ragioni di ordine pubblico è stata spostata in largo Arenti, qualche centinaio di metri più distante dalla villa del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

Oggi le donne hanno parlato tutte insieme. Senza confusione hanno detto tutte la stessa cosa. Rispettando il minuto e mezzo di silenzio che ha preceduto l'inizio di ogni manifestazione, in ogni piazza d'Italia.
Un silenzio necessario perché l'urlo dell' adesso risuonasse potente. La leader della Cigl Susanna Camusso ha avuto un'eco in diverse città. "Vorrei abbracciare simbolicamente tutte le donne giovani e non che lottano contro la precarietà, e vogliono lavorare e non vogliono sentire su di loro quello sguardo che svilisce e offende. Vorrei - ha detto dal palco di Roma a piazza del Popolo - che la giustizia fosse uguale. Vorrei che quando si parla di minorenni si pensasse allo studio, al gioco, al futuro. Vorrei che chi ci definisce 'puritane' ricordasse i divieti che ci sono stati imposti, dalla fecondazione assistita alla pillola del giorno dopo.
Vorrei che quando si dice sesso non si pensasse a un incarico politico. Vorrei un paese con una sola morale, perché quella doppia offende e nasconde la nostra dignità. Vorrei, ma so che è così, che libertà, democrazia, sesso, donne, futuro fossero di nuovo parole pulite.
Nessuna di noi - ha concluso Camusso - deve abbassare lo sguardo perché i nostri sono occhi limpidi. Farlo si può perché il futuro è nostro".
I suoi 'vorrei' sono un vorrei forte e generale.

Non c'erano partiti oggi nelle piazze, non c'erano colori e idee politiche divise e divisibili. C'erano politici sparsi tra la gente e accompagnati dalle mogli. A Roma la presidente Rosy Bindi e la capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, erano nel retropalco ma il segretario Pier Luigi Bersani con la moglie, e l'ex segretario Walter Veltroni, con moglie e figlia, erano fra la gente.
Così come il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, e il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.

Oggi le donne dell'Italia si sono unite contro l'uomo che l'Italia rappresenta in nome di tutti per lavoro, per grado e ruolo. Si sono date appuntamento in piazza perché hanno figli e figlie che non vogliono far crescere con valori che non hanno scelto per loro stesse. E non si sono divise dalle veline e dalle escort, dalle parlamentari o dalle prostitute.
Le hanno comprese nella loro visione e nella protesta comune. Lontane dalle divisioni retoriche di cui vorrebbe accusarle chi ha deciso di non abbracciare la manifestazione di oggi. Qualcuno continuerà a farlo. Parlerà di strumentalizzazione e moralismo, di principi bacchettoni e di ipocrisia. Dirà come ha detto il capogruppo del Pdl ala Camera, Fabrizio Cicchitto che "non è la piazza a far dimettere i governi così come a eleggerli.
E' evidente chi sta radicalizzando lo scontro, puntando tutto suoi moti di piazza". Resta il fatto che oggi un milione di persone si sono ribellate e hanno gridato un'insofferenza che sarà difficile non ricordare anche domani.